In questi giorni drammatici, in cui il mondo si avvia verso una guerra dagli esiti imprevedibili, sui Capi di Stato e di Governo dei sei paesi fondatori della Comunità incombe una responsabilità storica: quella di assumere l’iniziativa per la creazione del primo nucleo di uno Stato federale europeo aperto a tutti i membri dell’Unione. In caso contrario, l’Europa scivolerà irrimediabilmente verso la divisione e il mondo verso una pericolosa anarchia. E’ necessario un atto di coraggio pari a quello che nel 1950 ha consentito l’avvio del processo di unificazione europea chiudendo una delle pagine più drammatiche della storia del nostro continente.
Mai come in questo momento si dimostra in tutta la sua gravità l’assenza di un potere europeo capace di confrontarsi su un piede di parità con gli Stati Uniti nello spirito della equal partnership evocata dal Presidente Kennedy. Gli Stati Uniti possiedono una schiacciante superiorità militare, ma questa, da sola, non basta per esercitare un ruolo di leadership mondiale, né per assicurare che, vinta la guerra, si possa costruire la pace. L’insofferenza nei confronti dell’unilateralismo americano cresce in Europa e nel mondo, ma, allo stato delle cose, questo è senza alternative. Solo l’emergere di un potere europeo in grado di assumersi le proprie responsabilità nella politica mondiale potrà contribuire alla soluzione delle crisi regionali e globali, a cominciare dal Medio Oriente e dal terrorismo internazionale, e allontanare gli Stati Uniti dalla tentazione di esercitare sul resto del mondo un’egemonia sempre più esclusivamente militare.
Questo potere oggi non esiste. Le iniziative promosse dai governi di Francia e Germania, che pure rappresentano le aspirazioni di autonomia e di pace degli europei, non possono colmare il vuoto di potere europeo. Esse non costituiscono una massa critica sufficiente per dar vita ad una iniziativa europea, né hanno un peso politicomilitare sufficiente per tradurre le loro aspirazioni in un’azione efficace. Ma l’alternativa esiste. Occorre affrontare il problema del superamento delle sovranità nazionali sempre più vuote, e creare subito uno Stato federale europeo cui trasferire la piena sovranità in materia non solo di sicurezza interna e di politica economica, ma anche, e soprattutto, di politica estera e di difesa. E’ la stessa sfida che gli americani hanno dovuto affrontare, e hanno saputo vincere, due secoli fa con la creazione degli Stati Uniti. Ora è venuto il momento degli europei.
E’ chiaro a tutti che oggi questo problema non può essere risolto nel quadro dei Quindici e, tanto meno, dei Venticinque, poiché molti di essi sono dichiaratamente e irrevocabilmente contrari alla cessione di sovranità necessaria alla creazione di uno Stato federale europeo. L’unica soluzione è quindi procedere alla creazione del primo nucleo di uno Stato federale europeo — dentro o fuori dai Trattati — con i paesi che sono disponibili e maturi per questa scelta, e aperto poi a successive adesioni. I sei paesi fondatori sono gli unici che possono compiere questo atto. Essi hanno alle spalle una lunga storia di integrazione. I loro cittadini e le loro classi politiche hanno maturato un grado elevato di consapevolezza europea, basata sulle ragioni profonde per le quali, dopo la guerra, l’Europa si è avviata verso l’unità. I Sei possono compiere questo nuovo atto fondatore se i loro governanti avranno lo stesso coraggio e la stessa lungimiranza che ebbero i padri fondatori della prima Comunità europea.
Si tratta di una sfida alla quale si deve rispondere oggi, non in un futuro lontano. E’ urgente un atto deciso che impedisca il ritorno delle antiche divisioni, e inverta così la corsa dell’Europa verso una inesorabile decadenza economica, politica e civile. Se i sei Capi di Stato e di Governo procederanno in questa direzione, avranno il pieno consenso dei cittadini, che ancora credono nell’unità dell’Europa come unica prospettiva per tornare ad essere padroni del proprio destino.