Lo spazio sta diventando sempre più affollato. Gli Usa, che alla fine del 2004 hanno lanciato in orbita circa 850 satelliti, la Russia e l’Unione Europea restano gli attori principali, ma sta progressivamente facendo il suo ingresso una nuova schiera di Stati: Cina, Giappone ed India hanno la capacità di costruire satelliti e metterli in orbita e parecchi altri paesi – inclusi le due Coree, il Pakistan, il Brasile, Israele, la Turchia, l’Iran, e Taiwan – sono a vari stadi di sviluppo nella produzione di propri satelliti e di lanciatori.
I satelliti commerciali stanno assumendo un ruolo sempre più importante nella vita di milioni di persone: da essi dipendono infatti, in tutto il mondo, servizi civili, quali le rilevazioni meteorologiche e il controllo dell’ambiente, e attività commerciali, come la navigazione via Gps, la televisione, la radio e altri innumerevoli sistemi di telecomunicazione.
Ma la questione dell’occupazione dello spazio sta interessando i governi dei vari Stati soprattutto per quanto riguarda l’aspetto militare. Verso questa opzione si è rivolta l’attenzione dell’amministrazione Bush e dell’ambiente politicointellettuale a cui essa fa riferimento. La Commission to Assess U.S. National Security Space Management and Organization, una commissione del Congresso americano istituita nel 2000 e inizialmente presieduta dal segretario alla Difesa Donald Rumsfeld, ha formulato i punti cardine di una dottrina politica della militarizzazione dello spazio secondo cui esso non va solo sfruttato a supporto delle attività militari terrestri, ma va difeso con le armi nella stessa maniera in cui si difendono i cieli, i mari e la terra.
L’amministrazione americana ha cercato di tradurre in pratica questa dottrina e di imporre il suo ordine spaziale negli ambiti della difesa strategica, delle operazioni militari tattiche e della sicurezza delle risorse commerciali: ritirandosi dopo trent’anni dal Trattato Abm, gli Stati Uniti hanno dichiarato il loro interesse a riprendere il dispiegamento di satelliti per intercettare e distruggere i missili a gittata intercontinentale. Inoltre, a partire della prima guerra del Golfo sino ad arrivare ai più recenti conflitti in Afghanistan ed in Iraq, passando per la guerra del Kosovo, il vantaggio sul campo delle forze americane è dipeso sempre di più dalla loro capacità di sfruttare sistemi che utilizzano satelliti, quali i sistemi di comunicazione tra il teatro delle operazioni ed i centri remoti di comando e controllo, coordinate Gps di navigazione, sistemi di rilevamento degli obiettivi e di guida degli ordigni sui bersagli e, in generale, una vasta gamma di funzioni di intelligence che forniscono informazioni sulla meteorologia ed i movimenti delle forze sul campo. Infine gli Stati Uniti si sono posti il problema di come difendere i propri satelliti, sia quelli militari da cui le Forze Armate sono diventate sempre più dipendenti, che quelli commerciali ormai indispensabili per il funzionamento delle società sviluppate.
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Alla strategia di militarizzazione dello spazio promossa dagli USA, si oppongono con buone possibilità di successo non solo grandi potenze come la Russia e la Cina, ma anche Stati di dimensioni minori ma in grado di sviluppare armi capaci di raggiungere lo spazio. Sta pertanto iniziando una nuova fase dell’evoluzione tecnologicamilitare, che presumibilmente porterà gli Stati a contendersi il dominio dello spazio. Ad esempio, nel gennaio del 2007 la Cina ha deciso di contestare agli americani il loro dominio militare dello spazio sperimentando un missile antisatellite. Sempre all’inizio del 2007 il Giappone ha messo in orbita una rete di satelliti spia con l’intenzione di sfidare il sistema di navigazione satellitare della Cina che diventerà operativo nel 2008.
Inoltre, l’esempio dei “satellitikiller” realizzati con la tecnologia dei microsatelliti commerciali dimostra che programmi di ricerca e sviluppo accessibili a diversi paesi, combinati con armamenti tradizionali concepiti per missioni diverse, possono all’occorrenza essere utilizzati per produrre armi antisatellite. La Marina Americana ha effettuato simulazioni di crisi tra India e Pakistan in cui attacchi preventivi del Pakistan contro satelliti di avvistamento e telecomunicazione usati dall’India accelerano l’escalation fino al ricorso alle armi nucleari entro i primi dodici giorni, portando alla morte di 12 milioni di persone.
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Le conseguenze degli attacchi ai satelliti sarebbero dunque disastrose, e non solo perché si metterebbero direttamente fuori uso strumenti di vitale importanza per l’economia e la sicurezza internazionali, ma anche perché si provocherebbe un aumento di detriti nello spazio: i satelliti che esplodono in orbita producono infatti una gran quantità di frammenti, che divengono un’arma ad impatto senza guida contro gli altri satelliti, compresi quelli commerciali. Fu in effetti questa considerazione a convincere USA e URSS a rinunciare all’inizio degli anni Ottanta alla sperimentazione di armi antisatellite. E paradossalmente, i rischi derivanti da una competizione per la supremazia nello spazio sarebbero più considerevoli per gli Stati Uniti piuttosto che per gli altri Stati, in quanto essi fanno più affidamento sui sistemi spaziali per il proprio benessere economico e la propria difesa.
In questo scenario di squilibri a livello mondiale, che vede da una parte il tentativo di predominio dello spazio da parte degli Stati Uniti e dall’altra il concretizzarsi dei rischi di un’occupazione anarchica dello spazio, l’Europa ha iniziato una deriva che sta portando alla crisi la sua industria aerospaziale, come stanno a dimostrare le difficoltà dei progetti del lanciatore Ariane 5 e del sistema di navigazione satellitare Galileo. E’ a questo proposito significativa la quasi totale assenza di questo tema dal dibattito politico dei paesi europei: è comprensibile, infatti, che l’opinione pubblica non sia investita, e a sua volta non si interessi, di problemi per i quali si troverebbe costretta a riconoscere l’impotenza dei propri governi e delle istituzioni dell’Unione europea.
Rifiutando di creare un forte Stato europeo in grado di avere un ruolo determinante nella questione della corsa alla militarizzazione dello spazio, l’Europa si condanna a perdere quel che resta dell’autonomia della propria difesa e rinuncia a giocare quel ruolo di “pacificatrice” del sistema mondiale degli Stati che corrisponde ai suoi interessi e che consiste nel collaborare con gli USA per garantire la sicurezza dello spazio e nell’assicurare agli altri Stati un uso equo delle sue risorse attraverso la promozione di trattati internazionali che ne regolino l’utilizzo.