Secondo l'ex presidente della Repubblica francese Giscard d'Estaing la costruzione europea si basa su due progetti: uno federalista, che trae origine dall'iniziativa Monnet-Schuman del 1950 e l'altro libero scambista sostenuto sin dall'inizio dalla Gran Bretagna (*). L'ingresso di quest'ultima nella Comunità europea ed i successivi allargamenti "non hanno fatto sparire le ambiguità e le contraddizioni tra i due approcci: essi le hanno semplicemente trasferite all'interno del sistema. Così l'Unione europea vive oggi con una duplice cultura: quella che deriva dallo slancio fondatore e quella che aspira a mantenerla come una zona di libero scambio". Queste ambiguità e contraddizioni si sono talmente integrate nel processo europeo, che lo stesso Giscard d'Estaing non distingue più fra le due culture, al punto che non esita ad identificare il progetto federalista con il semplice sostegno al modello comunitario, cioè con la rivendicazione dell'estensione del voto a maggioranza e di un accresciuto ruolo della Commissione europea. Come se il progetto dei padri fondatori fosse consistito nell'introdurre all'infinito sempre nuove regole all'edificio comunitario e non avesse invece previsto di fare ad un certo punto il salto federale, trasferendo la sovranità dagli Stati all'Europa. Salto federale di cui Giscard d'Estaing nega ormai la necessità, dopo averla invece propugnata ai tempi della ratifica del Trattato di Nizza, quando aveva lanciato la proposta di fare una federazione nella confederazione, invitando i suoi colleghi all'Assemblea nazionale francese a consultare un dizionario per imparare a distinguere il significato dei due termini. Oggi invece per Giscard d'Estaing il progetto federalista coincide con quello di fare un'Europa europea, in cui "le competenze essenziali restino nelle mani degli Stati". Partendo da questo punto di vista, Giscard ritiene di poter dire che il Trattato costituzionale europeo sottoscritto da tutti i governi dei venticinque Stati membri dell'Unione rappresenta un patto di coesistenza delle due visioni e di sostanziale riconoscimento del potere di blocco di ogni avanzamento della costruzione europea da parte dei sostenitori dell'Europa spazio (o Spazio europeo, secondo la nuova definizione di Giscard). Ecco infatti come Giscard d'Estaing spiega la compenetrazione dei due progetti nel nuovo Trattato costituzionale: "su questo punto posso dare una risposta precisa: la Costituzione si iscrive chiaramente nella linea del primo progetto, quello dell'Europa europea, ma essa evita di oltrepassare i limiti che la renderebbero inaccettabile per i fautori dell'Europa zona di libero scambio".
Il merito della Convenzione consiste dunque "nell'aver saputo proporre un testo che rende governabile l'Europa europea con il consenso dei sostenitori dello spazio europeo. In questo modo si delinea una prospettiva storica: quella di un'Europa europea, forte e con un'identità, inscritta in uno spazio europeo periferico. Questa è la strategia che la Costituzione privilegia". Giscard è così costretto ad usare la formula ambigua e fumosa, di un'Europa europea all'interno di uno spazio europeo periferico, che va a sostituire quella della federazione nella confederazione (che indicava invece un progetto politico ben preciso), proprio per cercare di nascondere il fatto che la Convenzione che ha presieduto è servita solo a sancire lo status quo europeo. E naturalmente, avverte Giscard, "ci vorrà del tempo, della lungimiranza e della volontà politica. I padri fondatori ne hanno avuta". Ma, proprio perché si rende conto di non essere all'altezza dei padri fondatori, Giscard d'Estaing ammette di dover "confidare nei figli dell'Europa per continuare l'opera".
A fronte di questi contorcimenti tartufeschi di Giscard d'Estaing, seppur timidamente, nella classe politica francese sopravvive la convinzione che, se si vuole davvero rimettere in marcia la costruzione europea, con o senza il trattato costituzionale europeo, occorre ripartire da un'avanguardia e in particolare da una iniziativa francese nei confronti della Germania e affrontare il nodo del nucleo. Va in questa direzione l'esortazione rivolta il 26 gennaio scorso al Presidente della Repubblica francese dal capogruppo del Partito socialista francese, M. Jean-Marc Ayrault, in occasione del dibattito sulla revisione della Costituzione francese in vista del prossimo referendum sul Trattato costituzionale europeo. M. Ayrault, sostenitore della ratifica del trattato costituzionale, ha così concluso il suo intervento: "La ratifica della Costituzione europea è un momento di verità per la nazione. Crediamo ancora nell'Europa? Vogliamo ancora essere solidali con questa Europa e sottoporci alle sue regole, condividere i suoi successi e le sue sconfitte? Vogliamo ancora partecipare al progetto collettivo europeo? Come ai tempi di Maastricht, la Francia ha un appuntamento con se stessa. Con il suo voto essa metterà in gioco il suo prestigio, la sua influenza, ma anche il suo equilibrio. La diluizione del progetto politico dell'Unione minaccia l'Europa. Non siamo finora riusciti a scegliere tra un'Europa potenza, una confederazione di Stati e una zona di semplice mercato comune. L'integrazione continua a procedere per compromessi successivi e l'euro ha aperto la breccia della differenziazione.
Una piccola Europa nella grande Europa si unirà su dei programmi specifici. Che cosa aspetta dunque il Presidente della Repubblica a proporre dei progetti da realizzare insieme alla Germania?"
Analogamente Alain Minc, in un intervento su Le Monde **, si è posto il problema di quale possa essere l'Eurocoeur in grado di costituire il nucleo duro capace di rilanciare il processo di unificazione europea. Sia Ayrault che Minc tuttavia si limitano a sperare che il nucleo possa nascere da più avanguardie, da più gruppi pionieri, di cui facciano parte sempre Francia e Germania. Ma il problema dell'identificazione del nucleo dei paesi cui spetterebbe il compito di promuovere l'iniziativa politica di fare lo Stato federale europeo non può essere eluso senza rinunciare al tempo stesso a promuovere un qualsiasi progetto strategico per fare davvero l'Europa. Finché non diventa chiaro che il nodo da sciogliere non consiste nel promuovere nuove forme di cooperazione fra Stati, ma nel decidere di costruire finalmente uno Stato federale europeo, l'Europa resterà incompiuta e impotente. In definitiva, lasciare la dimensione, la natura e gli scopi del nucleo nel vago fa ormai solo il gioco di chi, come Giscard d'Estaing, non perseguendo più alcun progetto europeo, ma volendo rimanere sotto le luci della ribalta, inventa delle formule verbali retoriche vagamente europeiste prive di sostanza politica che sono destinate a non incidere sul quadro di potere.

 

(*) Les deux "projets" européens, par Valery Giscard d'Estaing, Le Figaro 28-01-05
(**) A la recherche du "noyau dur", par Alain Minc, Le Monde 31-01-05

 

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