In questi mesi il dibattito europeo è monopolizzato dal problema dell’approvazione del nuovo Trattato costituzionale, dai contrasti che continuano a sussistere tra gli Stati a questo riguardo, dalla necessità di rispettare i tempi e così via. Cresce la paura che il difficile compromesso trovato in sede di Convenzione possa saltare e che nell’Unione si apra una crisi ingestibile; questo spinge in particolare i rappresentanti dei paesi fondatori a dimenticare l’insoddisfazione unanime che aveva inizialmente accolto il testo e a difenderlo per facilitarne l’approvazione, senza più riaprire la discussione sui suoi contenuti. Si tratta di una posizione responsabile, in questo specifico contesto, che dimostra ancora una volta come questo gruppo di Stati, pur con tutte le sue contraddizioni, rappresenti il fulcro del processo europeo; ciò non toglie, però, che una volta che la questione della “costituzione” europea sarà in qualche modo chiusa, l’Europa si troverà di fronte esattamente agli stessi problemi per risolvere i quali si era dato mandato alla Convenzione presieduta da Giscard di rivedere i Trattati esistenti: le istituzioni comunitarie saranno sempre più paralizzate per il fatto di poter funzionare solo sulla base della ricerca di un faticoso compromesso tra 25 interessi nazionali divergenti, l’Unione non avrà una politica economica e continuerà a non esistere in politica estera.
Le innovazioni istituzionali contenute nella proposta elaborata dalla Convenzione sono infatti tutte di scarsissimo rilievo e non potranno in alcun modo migliorare la capacità di agire dell’Unione. Anzi, il nuovo testo, che si fonda sul principio dell’inviolabilità della sovranità nazionale, è di fatto un passo indietro, perché esclude l’obiettivo dell’unificazione politica, cioè dello Stato europeo, e indebolisce quindi la consapevolezza della sua necessità. Del resto questo risultato era inevitabile, perché lo scarso livello di integrazione della maggior parte dei 25 Stati membri non poteva che portare a far prevalere, e a legittimare, la logica e le soluzioni intergovernative. Il fatto di mascherare la cosa utilizzando in modo stravolto termini come “Federazione” o “Costituzione” per dare l’illusione ai cittadini che il processo stia comunque avanzando non fa che accrescere l’ambiguità.
E’ essenziale pertanto portare chiarezza in questo dibattito confuso.
* * *
La prima cosa da chiarire è che il termine “Federazione” è quello che si riferisce ad uno Stato, dotato della prerogativa della sovranità, e che non vi è costituzione che non sia la costituzione di uno Stato.
In secondo luogo l’Europa potrà avere una politica economica e una politica estera e di sicurezza solo quando la capacità di prendere decisioni sarà unita al potere di dar loro esecuzione, cosa che è possibile solo nell’ambito statuale: solo nello Stato chi ha la maggioranza delibera e dispone al tempo stesso degli strumenti necessari per imporre le proprie scelte. Nel quadro confederale, come è quello dell’attuale Unione, invece, le decisioni prese dagli Stati nell’ambito delle istituzioni comuni devono poi essere eseguite dagli Stati stessi, che si riservano di farlo sulla base del calcolo dei propri interessi nazionali. Questa è la ragione per cui l’introduzione del voto a maggioranza su tutte le materie comunitarie non può cambiare la natura dell’Unione: un problema di potere così radicale, inscindibile dalla prerogativa della sovranità, non si può pensare di risolverlo con un cambiamento formale delle regole. Certo, l’Europa sarà uno Stato federale, e quindi molto decentrato, ma ciò non toglie che dovrà essere il depositario della sovranità popolare e avere il monopolio della forza fisica. Perché possa esistere una difesa europea, ad esempio, gli Stati membri dovranno essere disarmati e il governo europeo dovrà avere il controllo esclusivo dell’esercito europeo unico. Tutti i tentativi di costruire qualcosa in questo settore mantenendo gli eserciti nazionali e dando vita a forze armate responsabili di fronte ai diversi Capi di Stato e di governo non possono portare a nessun risultato reale.
Il terzo punto è che uno Stato europeo non potrà essere fondato nel quadro delle attuali istituzioni, anche se vi potrà essere reinserito dopo la sua fondazione. E’ evidente che sarebbe una follia pensare che esso possa nascere sulla base del consenso del governo di venticinque paesi che sono in maggioranza contrari e che hanno gradi di integrazione e tradizioni di politica estera E di difesa profondamente diversi. Perché uno Stato federale europeo possa essere fondato è necessario che un gruppo di paesi con un forte grado di omogeneità, una forte interdipendenza economica e sociale e un grado avanzato di maturità europea dell’opinione pubblica prenda l’iniziativa. Questo gruppo non può essere costituito che dai paesi fondatori della prima Comunità europea. Esso, malgrado le note ambiguità del governo italiano, si è già manifestato, anche se embrionalmente, in più di una occasione. Ma deve essere chiaro che l’iniziativa di questo gruppo non si deve limitare a un generico impulso o alla proposta di un progetto da negoziare con gli altri membri dell’Unione. Essa deve invece consistere nella creazione di un nucleo federale da proporre senza ulteriori negoziati, dopo che la sua Costituzione sia stata definitivamente approvata, all’adesione degli altri membri dell’Unione che siano di sposti ad entrarvi.
Va ribadito che questo passo deve essere compiuto al di fuori delle istituzioni dell’Unione. Pensare che un nucleo federale possa essere realizzato all’interno di esse, mediante lo strumento delle cooperazioni rafforzate (ora “strutturate”), significa tentare ipocritamente di neutralizzare l’iniziativa deviandola su di un binario morto. Le cooperazioni strutturate non sono che la manifestazione attualizzata della vecchia idea dell’Europe à la carte. Il loro meccanismo prevede che gruppi di paesi di composizione di volta in volta diversa si formino per realizzare diversi obiettivi; ed esse devono essere autorizzate da tutti i paesi facenti parte dell’Unione europea. L’ipotetica nascita di un nucleo federale secondo questa procedura dovrebbe quindi ottenere il consenso anche dei paesi contrari e dare luogo ad un’entità compatibile con la struttura istituzionale e le leggi dell’Unione. Tutto questo è chiaramente impossibile. La nascita del nucleo federale può essere soltanto l’espressione di una forte e unanime volontà politica dei paesi che vogliono farne parte e dar luogo ad un vero e proprio atto di rottura, così come di fatto è stata un atto di rottura l’unificazione tedesca, della quale i governi degli altri Stati membri della Comunità hanno dovuto soltanto prendere atto adattando, a cose fatte, le regole della Comunità alla nuova realtà.
L’alternativa a questo progetto del nucleo è la progressiva disgregazione dell’Unione. Non è vero, infatti, come molti critici sostengono, che un nucleo federale creerebbe in Europa spaccature insanabili. Esso al contrario costituirebbe un polo di attrazione irresistibile per tutti gli altri Stati, svolgendo quindi la funzione di motore dell’Unione, e sarebbe il solo strumento in grado di dare un contenuto ed uno sbocco politico all’allargamento, impedendo che esso abbia come proprio esito la completa ingovernabilità dell’Unione, l’inapplicabilità delle sue regole e il suo conclusivo disfacimento dopo la sua trasformazione in un’area di libero scambio. Il nucleo sarebbe quindi un fattore decisivo di promozione di quell’unità dell’Europa nel suo complesso che l’Unione attuale è totalmente incapace di garantire.
Tutto ciò non toglie che la battaglia per il nucleo federale sia una battaglia di grande difficoltà. La sovranità nazionale si è radicata in Europa nel corso dei secoli. Essa condiziona il comportamento dei governi, della classe politica, dei media e dell’opinione pubblica. Ma il problema è ormai drammaticamente maturo. E non si deve dimenticare qual è l’alternativa alla sua mancata soluzione: si tratta della trasformazione dell’Europa in un insieme di Stati vassalli della potenza egemone, condannati all’impotenza e all’impoverimento, e in ultima analisi all’uscita dall’intreccio principale delle vicende della storia.
* * *
Per capire come possa nascere da un’unione di più Stati uno Stato federale europeo, un problema cruciale da mettere in chiaro è che esso, al di là dei problemi legati alle dimensioni del quadro, non potrà mai nascere dalle deliberazioni di un’assemblea. I protagonisti della creazione di uno Stato federale non potranno che essere coloro nei quali si manifesta il massimo livello di responsabilità politica, cioè gli uomini di governo. Essi esercitano il potere reale, e quindi possono trasferirlo ad una nuova entità, anche se la loro iniziativa non potrà manifestarsi che in una situazione eccezionale, sulla base di una forte spinta del popolo, cioè del detentore ultimo del potere costituente, e in un clima di dibattito che coinvolgerà l’intera classe politica. Altro è l’elaborazione della sua Costituzione, cioè la formulazione delle regole che disciplineranno la vita di questa nuova entità, una volta che essa sarà stata creata: in ogni caso il pactum unionis non coincide con il pactum constitutionis. E’ del resto quello che, in un contesto non federale, è accaduto in occasione della ricostituzione dello Stato repubblicano dopo la seconda guerra mondiale in Francia e in Italia, dove prima è stato costituito il governo repubblicano, e dopo gli è stata data una costituzione.
Il primo nucleo di uno Stato europeo non può quindi nascere che da un Patto federale, stipulato dai governi dei paesi fondatori, con il quale si realizzi il trasferimento della sovranità. Questo Patto creerà uno Stato federale inizialmente retto da un governo provvisorio che dovrà avere come competenze esclusive gli affari esteri e la difesa e che gestirà in via concorrente con le istituzioni nazionali l’economia e le finanze, i rapporti con l’Unione europea e con gli Stati membri. L’esercito, la marina, l’aviazione e la gendarmeria nazionali dovranno essere unificati in un unico esercito europeo il cui capo supremo sarà il Presidente del governo provvisorio. L’esercito europeo passerà sotto il comando di uno stato maggiore europeo di cui faranno parte i Capi di stato maggiore e altri alti ufficiali di ciascuno dei paesi che avranno sottoscritto il Patto. Il Capo di stato maggiore generale risponderà al Ministro della Difesa del governo provvisorio e i ministeri degli esteri e della difesa degli Stati i cui governi avranno sottoscritto il Patto dovranno essere automaticamente soppressi. I rispettivi bilanci confluiranno nel bilancio del governo provvisorio degli Stati Uniti d’Europa; le rappresentanze diplomatiche e consolari degli Stati che avranno sottoscritto il Patto saranno unificate nel più breve tempo possibile. Il Ministro dell’economia e delle finanze dovrà essere autorizzato a emettere un prestito pubblico secondo le modalità definite dal governo provvisorio su proposta della stesso Ministro dell’economia e delle finanze. Fino alla prima elezione generale, il controllo parlamentare sull’attività del governo provvisorio sarà esercitato in via consultiva dai deputati al Parlamento europeo appartenenti agli Stati che hanno sottoscritto il Patto federale.
Entro un breve termine dal completamento del processo delle ratifiche del Patto federale processo che dovrà avvenire secondo le modalità previste dalla Costituzione di ciascuno degli Stati e che porterà il Patto ad entrare in vigore tra gli Stati che lo avranno ratificato, a condizione che questi rappresentino almeno i cinque sesti degli Stati che lo hanno sottoscritto e i tre quarti della popolazione complessiva di questi ultimi il governo provvisorio degli Stati Uniti d’Europa dovrà indire l’elezione, con un sistema elettorale uniforme, di un’Assemblea costituente il cui mandato sarà quello di redigere la Costituzione degli Stati Uniti d’Europa. Questi dovranno avere la forma di uno Stato federale, fondato sul principio di sussidiarietà, nel quale le istituzioni europee disporranno almeno dei poteri della politica estera e della difesa, delle grandi linee della politica economica e delle infrastrutture nonché della politica della ricerca scientifica e dello sviluppo tecnologico; il capo dell’esecutivo, o l’esecutivo nel suo complesso, dovranno essere democraticamente responsabili di fronte all’elettorato o di fronte al Parlamento (o ad un suo ramo) e corrispondentementedovranno essere eletti dai cittadini o dal Parlamento; il potere legislativo sarà affidato ad un Parlamento bicamerale del quale un ramo rappresenterà proporzionalmente i cittadini e l’altro rappresenterà gli Stati; il potere giudiziario avrà la sua massima espressione in una Corte di Giustizia il cui compito sarà quello di interpretare la Costituzione dichiarando la nullità delle norme di legge che confliggeranno con essa; la Costituzione dovrà essere emendabile attraverso una procedura che non implichi l’unanimità dei consensi degli Stati membri; il diritto di secessione sarà escluso; le istituzioni europee saranno dotate di un potere di imposizione autonomo o esercitato in collaborazione con quello degli Stati membri, delle regioni e dei poteri locali; la Costituzione conterrà una norma transitoria che consenta a tutti gli Stati dell’Unione europea che non avranno sottoscritto il Patto di diventare Stati membri degli Stati Uniti d’Europa accettandone la Costituzione e gli obblighi che ne deriveranno.
Il nuovo Stato federale europeo continuerà a far parte dell’Unione europea e dell’Unione monetaria, sempre che le rispettive istituzioni non vi si oppongano. Il ministro deputato ai rapporti con l’Unione europea darà avvio senza indugio con le autorità dell’Unione europea alle trattative necessarie per concordare le condizioni alle quali tale partecipazione potrà continuare.
* * *
Questa prima formulazione, necessariamente schematica e imperfetta del contenuto del Patto federale mette in cruda evidenza la difficoltà del risultato da raggiungere. Ma resta il fatto che, se gli europei vogliono realizzare l’obiettivo dell’unità politica, essi devono affrontare questi problemi e non altri, perché non c’è altra via per rilanciare il processo e per impedire il suo inesorabile e rapido declino.