L’anniversario della firma dei Trattati di Roma offre l’occasione per celebrare il cammino percorso dall’Europa nel suo lungo processo di integrazione. Tuttavia, non bisogna dimenticare non solo il fatto che questo cammino è ben lungi dall’essere completato, ma anche che gli Stati nazionali continuano a rifiutarsi di trasferire la loro sovranità all’Europa. Ancora oggi valgono le parole con le quali Altiero Spinelli cinquant’anni fa commentava la nascita del Mercato Comune:
“Volere l’Europa significa volere un governo europeo il quale amministri gli affari del popolo europeo; significa perciò colpire molte cose e molti interessi, ma soprattutto la posizione ed i privilegi dei detentori del potere nazionale: i ministri con le loro burocrazie, i parlamenti, i partiti nazionali. Tutti costoro si difendono con abilità e con tenacia. Il loro inconfessato e talvolta inconsapevole, ma fermo proposito, è di allontanare da sé l’amaro calice della perdita di una parte sostanziale dei loro poteri; e fare l’unità europea significa proprio questo. Quando si trovano insieme a dover discutere problemi europei, il loro scopo consiste perciò sempre nella ricerca di quel che bisogna fare e dire per non fare l’Europa. E quando ci sono riusciti, si affrettano a coprire il loro misfatto con un bel velo europeista. Nel caso del Mercato Comune abbiamo assistito ancora una volta a questa beffa” (Altiero Spinelli, La beffa del Mercato Comune, 24 settembre 1957).
Oggi, la beffa è rappresentata dalla pretesa di risolvere la crisi europea mediante l’accordo su un trattato che è stato ambiguamente chiamato “costituzionale” proprio per cercare di accontentare in un colpo solo i sostenitori di un’Europa più forte politicamente (cui è destinato il termine “costituzione” che evoca lo Stato e la legittimità popolare) e i paesi che hanno una visione esclusivamente economica del processo di integrazione, i quali trovano garanzia nella sostanza del trattato. La realtà è che l’Europa, dopo la creazione dell’euro e dopo l’allargamento, è paralizzata dalla contraddizione insanabile tra questi due diversi approcci che convivono al suo interno e che rendono impossibile proseguire nel quadro a Ventisette il cammino dell’unificazione.
Come ammoniva Spinelli, il fatto che a lungo si sia vissuti in una situazione di continui progressi e di successi, come è in effetti stata quella europea nell’ultimo mezzo secolo, non significa che essa sia permanente. L’Europa, nonostante i passi realizzati, è tuttora incapace di contribuire alla pace e alla sicurezza nel mondo, di promuovere uno sviluppo più equo e non riesce a sostenere la crescita, la competitività e l’innovazione della propria economia, così come l’euro, pur essendo un importante fattore di coesione tra alcuni dei paesi europei, resta una moneta senza Stato, che non può dispiegare tutte le sue potenzialità e la cui stessa sopravvivenza, nel quadro attuale, è a rischio.
Non è il momento dunque di celebrazioni retoriche. Il tempo per portare a compimento il processo di unificazione europeo si sta esaurendo. Occorre, con urgenza, tornare all’ispirazione dei padri fondatori e riprendere il progetto di un’Europa politica, che significa creare uno Stato federale europeo con un governo pienamente sovrano in materia di politica estera, di sicurezza e di difesa e nella politica economica e fiscale. L’unica possibilità perché ciò avvenga è che un gruppo di paesi agisca come avanguardia e indichi agli altri la via da percorrere.
La responsabilità storica di tutto ciò grava in particolare sulla Francia e sulla Germania e sugli altri paesi che hanno fondato la prima Comunità europea. Ad essi spetta dunque il compito di assumere l’iniziativa e proporre un Patto federale per mettere in comune le rispettive sovranità nazionali e creare il primo nucleo dello Stato federale europeo, aperto ai paesi che vorranno aderirvi. Solo questo nucleo potrà indicare agli europei la via dell’unità e agire come un magnete nei confronti di tutti i paesi che vorranno aderire in una fase successiva. E solo in questo modo i cittadini europei potranno tornare ad essere padroni del proprio destino.
Milano, Marzo 2007
Comitato per lo Stato federale europeo