In questi giorni che seguono l'accordo raggiunto tra la Grecia e i partner dell'Eurogruppo, e che hanno già visto sciogliersi positivamente alcuni nodi importanti (il sì del Parlamento greco alle riforme concordate, l'approvazione dei parlamenti nazionali più diffidenti - in primis Finlandia e Germania - , l'avvio degli aiuti ad Atene), le polemiche suscitate dal cambiamento di rotta del governo di Atene e dalle difficili trattative che ne sono seguite non sembrano volersi placare.
Eppure, nascosta dal polverone della polemica, la sostanza della vicenda sembra molto più positiva per tutti, per la Grecia e per l'Europa, di quanto non si voglia far credere. Non solo perché si è evitata un'uscita di Atene dall'euro, che avrebbe aperto scenari potenzialmente devastanti per tutti, o una bancarotta del paese, con i costi che avrebbe comportato per i cittadini; e neppure solo perché la scelta di Tsipras sembra aprirgli finalmente, e realmente, l'opportunità di far ripartire la Grecia, con scelte di governo in grado di incidere sui tratti degenerati e antidemocratici del sistema ellenico (ora che è stata abbandonata la retorica anti europea che aveva sostituito la lotta alla corruzione, alle ingiustizie e ai malfunzionamenti del paese e che invece si riparte proprio da queste riforme); ma anche perché si sono affermati alcuni principi importanti, che possono aiutare a far ripartire il processo europeo con nuovo slancio.
Che il problema dell'euro sia la mancanza di poteri e strumenti a livello europeo (a partire dall'assenza di un bilancio dotato di risorse proprie e di un governo sovranazionale per l'economia) ormai lo dicono tutti, e per primi noi federalisti, che sin dalla nascita dell'euro denunciamo, pur nel positività del passaggio alla moneta unica, la contraddizione di una moneta senza Stato. Ma, una volta posto questo principio, il problema è come arrivare a creare questi strumenti e questo potere. Paradossalmente, la crisi greca ha dimostrato sia che la pretesa di una sovranità nazionale assoluta è incompatibile con l'euro; sia che i governi nazionali non possono più permettersi di gestire la moneta unica utilizzando il solo metodo dei negoziati tra di loro, all'interno del Consiglio, che è l'istituzione europea in cui sono direttamente presenti, ma che devono decidersi ad accettare di demandare potere reale alla Commissione europea e al Parlamento europeo, creando un sistema effettivamente sovranazionale.
Sul primo punto, come spiegava bene Sabino Cassese sul Corriere della Sera del 15 luglio, le vicende della Grecia hanno mostrato che, dopo la scelta libera, ma - una volta fatta - vincolante, di entrare a far parte di una comunità che condivide la stessa moneta, e quindi anche valori e principi, scelte politiche ed economiche, indirizzi, un governo non è più solo responsabile di fronte ai propri elettori, ma anche di fronte alla nuova comunità cui ha aderito (e ai popoli che la compongono). Le proteste che si levano contro l'offesa fatta alla democrazia greca non tengono conto che l'Europa - e soprattutto l'euro - sono dimensioni fondamentali della vita politica di un paese che ha deciso di farne parte, dimensioni da cui non si può prescindere fingendo di non aver compiuto un passo irreversibile di condivisione di sovranità. E il secondo punto è direttamente legato al primo. La condivisione di sovranità deve essere resa esplicita per tutti, e sorretta dalla nascita di un sistema europeo sovranazionale, e come tale democratico.
La vicenda greca sembra quindi rappresentare il punto di arrivo di uno scontro tra governi, che ha eroso molto la fiducia tra partner all'interno dell'eurozona e che ha scatenato veri e propri contrasti ideologici (Grecia contro Germania, paesi creditori contro paesi debitori, nord Europa contro Sud, fino ai fautori delle riforme strutturali per modernizzare un paese contro i sostenitori della spesa pubblica), ma che ha dimostrato di doversi risolvere, alla fine, per evitare la catastrofe, in un reciproco riconoscimento. L'accordo appena concluso ha quindi dovuto, ancora una volta, ma ancora più chiaramente che nel passato, fondarsi sui valori che sono alla base della nascita dell'unione monetaria e che prevedono, insieme, responsabilità e solidarietà. Prima si capisce che questi sono i fatti reali e che da qui bisogna ripartire per completare l'edificio europeo, è meglio è per tutti.