"Dopo ogni attacco terroristico, sento sempre lo stesso mantra: abbiamo bisogno di più coordinazione, abbiamo bisogno di una migliore coordinazione. Quante altre persone devono morire prima che si riconosca il fatto che la "coordinazione" in Europa non è semplicemente abbastanza?". Con queste parole l'europarlamentare belga GuyVerhofstadt (ALDE) ha commentato l'attentato a Bruxelles all'Europarlamento, riassumendo efficacemente il paradosso in cui si trova l'Europa oggi.
Dopo l'attentato di Parigi al Bataclan del 13 Novembre che causò la morte di 93 persone, la risposta dei governi europei è stata di dimensione nazionale mettendo a repentaglio alcuni dei pilastri dell'integrazione europea; la volontà di alcuni Stati di voler ripristinare i controlli alle frontiere, la messa in discussione di Schengen e l'inutile offensiva francese in Siria sono state tragicamente le unica azioni messe in atto. Come detto da Verhofstadt, le dichiarazioni dei governi sulla necessità di rafforzare il coordinamento delle forze di sicurezza non hanno portato ad alcun risultato concreto.
A pagare le conseguenze di una mancata strategia europea sulla sicurezza è toccato a Bruxelles il 22 Marzo. Il Belgio rappresenta al momento un punto critico per la sicurezza a causa della sua difficoltà ad organizzare in chiave nazionale una rete antiterroristica che sia in grado di scovare le cellule jihadiste che si nascondono nel proprio territorio, basta pensare alle notizie venute fuori subito dopo gli attentati sulle inefficienze delle forze dell'ordine che se avessero avuto una struttura più efficiente avrebbero potuto forse scoprire in tempo il piano terroristico.
Sbaglieremmo però ad imputare tutta la responsabilità dell'attentato alla debolezza del Belgio sul piano della tutela dell'ordine pubblico; esattamente come avvenuto per la strage di Parigi anche per l'attentato di Bruxelles ci sono stati gravi mancanze da parte dei servizi segreti dei diversi paese europei; in particolare non sono avvenute comunicazioni e scambi di informazioni tra le forze di intelligence riguardo ad indizi che facevano pensare ad un attentato imminente; nonostante i Trattati spingano i Paesi europei alla collaborazione in materia di sicurezza, questo non avviene in maniera efficiente nel caso dei servizi segreti che sembrano rispondere ad una anacronistica logica nazionale.
Tuttavia sembra che adesso qualcosa si sia mosso e infatti il Commissario Europeo all'integrazione e agli affari interni Dimitri Avramopoulos ha affermato dopo l'ultimo attentato che " l’epoca delle politiche nazionali è finita"; la consapevolezza che gli stati , nazionali non sono oramai più in grado di affrontare da soli la sfida del terrorismo sembrerebbe aver cominciato a prendere piede nelle opinioni di politici e commentatori europei.
Mai come adesso è necessario riformare radicalmente la Politica Europea di Sicurezza Comune: nel breve periodo il primo passo da compiere è il rafforzamento di Schengen attraverso la creazione di una polizia di frontiera e una guardia costiera europee (necessarie anche per affrontare l'emergenza immigrazione); è necessario rafforzare i poteri dell'agenzia Europol, che da mero organo di coordinamento deve trasformarsi una vera e propria agenzia di intelligence federale che superi le divisioni delle agenzie nazionali. Non si può tralasciare che una riforma di questo tipo richiede un salto d'integrazione radicale verso la Federazione: creare organi di sicurezza europei richiede che questi siano responsabili di fronte ai cittadini europei e ad istituzioni europee che godano di una legittimazione democratica forte; tali istituzioni devono poter avere autonomia dai governi nazionali e avere un bilancio finanziato con risorse proprie. Inoltre non è possibile slegare la politica di sicurezza da altre politiche pubbliche come la politica estera, la politica di difesa e l'insieme delle politiche sulla gestione delle politiche d'immigrazione.
La sfida delle sicurezza così come la crisi dell'Euro fanno emergere quanto sia indispensabile oggi che i governi europei mettendo da parte le divisioni nazionali e compiano il salto verso l'unione politica dell'Europa che rappresenta ora l'unica risposta possibile per affrontare le diverse sfide di questi anni.