1957: riapre il Canale di Suez, esplode la prima bomba a idrogeno inglese, l’ONU abolisce il lavoro forzato, l’Unione Sovietica lancia lo Sputnik nello spazio, la NATO decide di mettere delle basi missilistiche in Europa.
Lo stesso anno, il 25 marzo, a Roma, dopo due anni di trattative, vengono firmati due trattati che istituiscono la CEE e l’EURATOM, con l’obiettivo di creare la pace, l'unità e la prosperità in Europa.
Cinquantotto anni dopo, con le sfide poste dalla crisi economica e finanziaria e dalle ondate migratorie, dalla situazione di instabilità e preoccupazione dovute dall’aumento della disoccupazione e povertà all’interno dell’Europa e dai conflitti armati, criminalità e terrorismo ai suoi confini, questi obiettivi sono mantengono ancora tutta la loro attualità.
Con questo spirito, ispirandosi ai padri fondatori dell’Europa, i Presidenti della Camera dei Deputati italiana, L. Boldrini, dell’Assemblée nationale francese, C. Bartolone, del Bundestag tedesco, N. Lammert, e della Chambre des Députés del Lussemburgo, che detiene attualmente la Presidenza del Consiglio dell’UE e della Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti dell’UE, M. Di Bartolomeo, hanno firmato il 14 settembre, con una solenne cerimonia alla Camera dei Deputati a Roma, una dichiarazione dal titolo “Più integrazione europea: la strada da percorrere”.
“Questo testo non è un trattato, non è una legge, ma un appello agli altri Parlamenti”- ha ricordato N. Lammert nel suo discorso alla cerimonia di presentazione e firma della Dichiarazione. Si tratta di “un’iniziativa che vuole essere un contributo concreto ma al tempo stesso dal forte valore simbolico al progetto europeista. Un progetto che non può prescindere dal coinvolgimento dei parlamenti dove siedono i rappresentanti dei cittadini”, ha affermato la Boldrini.
Occorre infatti rimediare al deficit di legittimità presente oggi nell’UE, e per farlo bisogna riuscire sia a coinvolgere i parlamenti nazionali, come ha suggerito C. Bartolone, sia rafforzare il Parlamento europeo, in modo che sia riconosciuto come vero parlamento da tutti i cittadini europei. Come sottolinea la Dichiarazione: “E’ necessaria una maggiore integrazione politica – in linea con il principio di sussidiarietà – per superare i punti di intrinseca debolezza in seno all’Unione europea e all’Unione economica e monetaria e dotare l’Europa della visione e progettualità necessarie per evitare di procedere a tentoni da un’emergenza a un’altra”. “Riteniamo di dover completare l’UEM creando un’autentica unione finanziaria e fiscale, ma dobbiamo anche rafforzare le istituzioni di controllo e operare per garantire reale trasparenza e legittimità democratica, creando così la stabilità e la prosperità cui aspirano i cittadini dell’eurozona.”
Come ha giustamente ricordato Bartolone: “Quand’anche i modelli e le frontiere del passato avessero avuto qualche pregio, non ci proteggono più dalle nuove minacce e non permettono di cogliere le opportunità del nuovo secolo in cui siamo entrati.” Gli Stati nazionali sono ormai una dimensione troppo piccola in cui affrontare i problemi. Come si legge nella dichiarazione: “Agendo da solo nessun paese europeo può tutelare efficacemente i propri interessi in un mondo globalizzato e far fronte alle sfide in Europa e nel resto del mondo […] I nostri cittadini hanno bisogno di un’Europa più forte […] I nostri partner vogliono un’Europa più forte […] In un mondo globalizzato, l’Europa può essere protagonista se parla e agisce come soggetto unitario – per questo - Riteniamo che sia necessaria una maggiore integrazione politica.”
Solo una federazione di Stati può creare una situazione di pace, unità e prosperità, per questo occorre percorrere senza soste la via dei padri fondatori, come ha detto M. Di Bartolomeo, “L’Europa è come una bicicletta: se non si continua a pedalare si rischia di cadere”. Non fermiamoci quindi a riflettere se compiere questo passo, semmai chiediamoci come la Boldrini ci suggerisce “Cosa ci costerà e cosa perderemo se non lo faremo?”.