Il 30 aprile scorso si è svolto a Washinghton un summit euroamericano concentrato sull’avvio di una più stretta collaborazione tra USA e UE. In questa occasione Angela Merkel, nella sua veste di presidente di turno dell’Unione, ha pronunciato un discorso dal significativo titolo “USA, Germania e Europa, verso una nuova partnership globale “, in cui ha messo in rilievo come da un lato l’area transatlantica rappresenti tuttora il 60% dell’economia mondiale e il 40% del commercio mondiale, e testimoni quindi il successo dei sistemi economici occidentali, ma come, dall’altro lato, sia innegabile uno spostamento del baricentro economico e commerciale mondiale verso l’Asia, con la Cina che mantiene tassi di crescita annui oltre il 10% e detiene riserve per oltre mille miliardi di dollari. Per questo, secondo il cancelliere tedesco, gli USA e l’Europa dovrebbero lavorare più strettamente insieme, in quanto una solida cooperazione transatlantica costituirebbe “un pilastro essenziale per la politica di sicurezza internazionale”. Invece attualmente, ha sottolineato la Merkel, troppi ostacoli e barriere a un mercato transatlantico più integrato indeboliscono questa prospettiva.

Già all’ultimo forum di Davos il cancelliere tedesco aveva auspicato la creazione di un vero e proprio mercato unico transatlantico di oltre 700 milioni di persone; però, per il momento, l’accordo sottoscritto a Washington dal presidente Bush, dalla Merkel e dal presidente della Commissione europea Barroso, si limita a prevedere delle facilitazioni per gli investimenti e ad auspicare la convergenza degli standard finanziari entro il 2009 insieme ad una semplificazione nei regolamenti tra le due aree, con un accordo particolare nel campo dell’aviazione civile. Un Consiglio economico transatlantico dovràsovrintendere alla revisione delle norme sulla tutela dei diritti intellettuali, sulla sicurezza dei commerci, sullo sviluppo di innovazione e tecnologia.

Questo accordo era stato in sostanza anticipato dalle dichiarazioni di Matthias Wissmann, presidente della commissione affari europei del Bundestag, riprese in un intervento su Le Monde con il significativo titolo “Viva l’unione transatlantica!” (24 ottobre 2006). In questo intervento si diceva esplicitamente che l’unione transatlantica sarebbe la vera risposta alla sfida “della mondializzazione e della crescita aggressiva delle economie asiatiche. Una zona transatlantica di libero scambio (TAFTA) sul modello del mercato interno europeo, potrebbe divenire il fondamento di questa partnership rinnovata e rinforzata”. Sempre secondo Wissmann questa scelta avrebbe potuto “dare un nuovo slancio a una UE intorpidita dalla crisi istituzionale”.

Al di là degli auspici e della retorica transatlantica, nell’ambito delle politiche del WTO, tra le due sponde dell’atlantico permangono invece notevoli differenze e contrasti nella strategie commerciali. Per esempio, mentre il presidente Bush sta puntando sulla riduzione generalizzata delle tariffe nell’ambito del Doha round, che coinvolge i 150 paesi del WTO, l’Unione europea, che detiene il primato nel commercio mondiale, sta cercando di promuovere un approccio diverso, soprattutto con i paesi in via di sviluppo, per ridurre le tariffe in modo differenziato nel rispetto della tutela del lavoro e dell’ambiente. La trattativa è destinata a complicarsi con l’approssimarsi della scadenza del mandato attribuito dal Congresso al presidente USA di concludere gli accordi commerciali internazionali con una procedura semplificata . Anche nel campo della politica ambientale, nonostante una nuova sensibilità da parte dell’amministrazione americana, non si è fatto, durante il summit di Washington, nessun passo avanti.

Al di là delle considerazioni che possono essere fatte in relazione ai vari contenziosi in atto fra USA e Unione europea, c’è un elemento di fondo che non può essere ignorato: mentre gli Stati Uniti sono uno Stato, con una politica economica, commerciale ed estera coordinate e governate in nome e per conto del popolo americano, l’Unione Europea resta un’insieme di Stati che in definitiva cercano di condurre delle politiche indipendenti. E’significativo in proposito il titolo stesso del discorso della cancelliera Merkel a Washington, “USA, Germania e Europa, verso una nuova partnership globale”e non semplicemente “USA ed Europa, verso una nuova partnership globale”.

Il fatto è che oggi la Germania è forse l’unico paese ancora in parte in grado, anche se non ancora per molto, di far fronte alla concorrenza commerciale e industriale americana, e non vuole rinunciare a giocare fino in fondo il suo ruolo.

Per questo il dibattito e le proposte sull’unione transatlantica sono destinate a risolversi in sterili tentativi di arginare la concorrenza asiatica con accordi commerciali privilegiati e limitati che, in definitiva, vedrebbero negli USA il partner avvantaggiato e dominante rispetto ai partner europei divisi tra di loro.

Ben diverso ruolo e significato avrebbe una partnership transatlantica se potesse basarsi su partner più uguali, come auspicato, ma senza successo, negli anni Sessanta del secolo scorso da personalità come il presidente Kennedy e Jean Monnet.

   

Informazioni aggiuntive