Dopo il NO nei referendum francese ed olandese, da più parti si è affermato che la cosiddetta costituzione europea è finita e che l’Europa è ormai in crisi.

Da un lato tutto ciò è vero: il processo di ratifica del Trattato è ormai abortito. Il rinvio del referendum britannico ne segna infatti la fine. E’ a questo punto inutile chiedere di procedere nelle ratifiche da parte di quei paesi che non lo hanno ancora fatto, come molti politici ed esperti, fra cui Ulrike Guérot del German Marshall Fund , continuano a fare nel tentativo di mettere a fuoco ed isolare le ragioni del NO francese del 29 maggio. Come ho avuto modo di contestare ad Ulrike Guérot nel corso di un dibattito

svoltosi a Kiel il 6 giugno, il vento di protesta francese ha ormai innescato un processo a catena, di cui il referendum olandese è stato solo il primo segnale, destinato a propagarsi in tutta Europa: esso ha prodotto dei contraccolpi persino nel referendum in Svizzera sull’adesione di quel paese agli accordi di Schengen, laddove la vittoria del SI’ è avvenuta con un margine molto inferiore a quello previsto dai sondaggi di opinione svolti prima dell ’esito del referendum in Francia. La successiva decisione della Gran Bretagna di approfittare di questa situazione era del tutto prevedibile.

In definitiva, questo Trattato non entrerà mai in vigore, in quanto, proprio in virtù del diritto internazionale, dovrebbe essere ratificato da tutti gli Stati che lo hanno sottoscritto. Chi pensa a qualche via d’uscita, dovrebbe inoltre tener presente che l’ Articolo IV.443 par. IV dello stesso Trattato, esclude la sua entrata in vigore con una ratifica parziale e dà l’ultima parola in materia al Consiglio europeo, che ovviamente dovrebbe decidere all’unanimità o convocare una nuova Conferenza inter governativa. Ma al di là di questi aspetti giuridici, il NO della Francia, uno dei paesi fondatori, ha segnato la morte politica del Trattato stesso.

Il NO francese può contribuire a chiarire quale Europa vogliono i federalisti. Alcuni esponentitici che si dichiarano favorevoli federalismo europeo, come il deputato   del Bundestag Axel Schäfer, insistono sul fatto che il Trattato sia stato dopotutto un successo dei federalisti ed il risultato delle loro rivendicazioni. La verità è un’altra: a) il Trattato, proprio perché non entrerà in vigore, è comunque un fallimento; b) il Trattato non rappresentava un progetto federalista, in quanto non poneva le basi né per uno Stato federale, né per una vera Costituzione, né per una effettiva demo crazia europea. Insomma il Trat tato era ... un ulteriore Trattato a cui era stato aggiunto il nome di Costituzione, che introduceva qualche illusoria carica, come quella del Ministro degli esteri eu ropeo e che metteva in bella for ma i Trattati già in vigore e la Car ta dei diritti.

Da un punto di vista federalista questo scacco dovrebbe indurci a riflettere sulla necessità di rilanciare il progetto per la crea zione dello Stato federale europeo. Tanto più che nell’attuale situazio ne l’idea che l’iniziativa debba es sere presa da un nucleo di paesi incomincia a circolare.

Recentemente la sezione re gionale dell’Europa Union nella Bassa Sassonia ha costituito un gruppo di lavoro sulla base della dichiarazione del Comitato per lo Stato federale europeo lanciata a Desenzano. Anche nella sezione francese dell’UEF qualcosa si sta muovendo e lo stesso sta acca dendo nell’Europa Union e nella JEF tedesca. Del resto, già in pas sato, alcuni esponenti politici te deschi, come l’ex Ministro della giustizia Sabine Leutheusser Schnarrenberger, nel corso di un dibattito svoltosi in Baviera nel l’aprile 2004, avevano espresso chiaramente la necessità di sgan ciare la costruzione europea dalla partecipazione della Gran Bretagna e di ripartire da un nu cleo di paesi nel momento in cui fosse fallito il progetto di Trattato costituzionale. Gli stessi Jo Leinen, ex presidente dell’UEF, ed Elmar Brok, presidente di Europa Union, avevano dichiarato che in caso di fallimento del Trattato co stituzionale si sarebbe dovuto ri partire da un gruppo di paesi. A testimonianza di quanto questo tema sia d’attualità, posso citare una domanda posta da un giorna lista di Deutschlandradio Kultur nel corso di un dibattito parlamentare sui problemi europei nello SchleswigHolstein il 6 giugno scorso: “Una iniziativa di un grup po di paesi non potrebbe essere la giusta risposta per rilanciare l’in tegrazione europea dopo il NO francese?”

Certo che potrebbe! L’Unione europea è diventata troppo gran de da gestire dopo gli ultimi allargamenti e non può trasformar si in una federazione. Non pos siamo ignorare che spetta ormai ad alcuni Stati riprendere l’inizia tiva! Capisco che per alcuni que sto sia difficile da capire e da ac cettare, soprattutto quando si mette in evidenza che in partico lare due paesi, la Francia e la Germania, hanno questa respon sabilità. Ma siamo onesti: un nu cleo di Stato federale non può nascere senza la Germania e la Francia (più qualche altro paese tra i fondatori, come l’Italia, se lo vorranno). Certamente a questo nucleo di Stato, una volta fonda to, si aggiungerebbero altri paesi, desiderosi di far parte di un pro getto destinato a giocare un ruolo sul piano della politica estera e della difesa a livello internaziona le a fianco degli USA, della Rus sia, delle potenze asiatiche, del l’Africa e del mondo arabo.

Come federalisti dobbiamo dunque concentrarci nella batta glia per creare un primo piccolo, ma forte, nucleo federale, a parti re dai paesi in cui storicamente siamo presenti, come in Francia, in Germania e in Italia. Solo così potremo porre le basi per realiz zare l’ambizioso progetto di fon dare lo Stato federale europeo.

David SchneiderAddaeMensah
President
e delle sezioni regionali dell’UEF Alsazia e della JEF Bassa Sassonia


 

 

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