Sono passati quasi quattro mesi da quando si è svolto il disastroso referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione europea. Ma, come per ogni evento politico, dopo poco più di una settimana, la maggioranza delle persone ha iniziato a disinteressarsi al caso in questione. Così, distratto dalla pausa estiva e i successivi dibattiti sulle elezioni negli Usa e sul referendum costituzionale, c’è chi si è permesso di dire che nel Regno Unito non ci sono state conseguenze in seguito al referendum. Esattamente il contrario della verità.
Dopo che Boris Johnson e l’indipendentista Nigel Farage si sono sfilati dalla lista dei possibili candidati premier, segno evidente che non avevano nessun piano per gestire la situazione che essi stessi avevano creato, alla guida del Regno Unito è stata nominata Theresa May, ex ministro dell’interno, membro del partito conservatore e timida sostenitrice del “remain”. La nuova “lady di ferro” ha fin da subito assunto un atteggiamento molto nazionalista. Nei suoi discorsi, si fa riferimento al ritorno alla sovranità nazionale e all’indipendenza dall’Europa ed in particolare vengono attaccati i lavoratori stranieri. Un esempio simbolo è l’intenzione di vietare la libera circolazione degli europei nel Regno Unito. Questi atteggiamenti del governo tentano di rimodellare la società inglese,avendo quindi tragiche conseguenze su di essa. I casi di violenza razzista e xenofoba sono aumentati a dismisura, soprattutto a Londra, città cosmopolita. Stiamo assistendo quindi al tracollo di una società evoluta e multiculturale a favore di una società nazionalista tipica di inizio ‘900. Questa è la conseguenza della Brexit che fa più paura.
Gli atteggiamenti della May hanno avuto ripercussioni negative anche per quanto riguarda i mercati. Se, infatti, subito dopo il referendum molti pensavano che gli inglesi avrebbero evitato in qualche modo l’uscita- e proprio grazie a queste ipotesi, il mercato inglese e la sua moneta sembravano essere immuni dall’effetto Brexit - ci ha pensato direttamente la premier a confermare con toni decisi che non verrà tradita la volontà popolare. Ha addirittura fissato una data di scadenza per l’uscita: la procedura sarà attivata entro il 25 marzo 2017. Quindi, dopo che sui mercati non ci sono stati più dubbi sull’uscita, ecco che la sterlina ha iniziato a crollare perdendo circa il 20% del suo valore rispetto al dollaro e poco meno rispetto all’euro.
Con la caduta della sterlina sono iniziate le grane per i consumatori inglesi: le aziende che esportano nel Regno Unito tendono ad aumentare i prezzi per difendersi dalla perdita di valore della sterlina e quindi la spesa al supermercato diventa più cara.La popolazione inglese diventerà sempre più povera, e si sa che con la povertà arrivano molti altri problemi. In primis molti servizi offerti ai cittadini potrebbero andare in crisi, come il servizio sanitario che già prima del referendum non navigava in buone acque. Inoltre, la probabile uscita dal mercato unico europeo avrà disastrose conseguenze anche per le aziende e la finanza inglese: molte multinazionali stanno valutando la permanenza nel regno;Londra e tutto il regno potrebbero perdere potere e prestigio, oltre che avere un enorme aumento di disoccupati.Se il governo inglese ha davvero intenzione di uscire dal mercato unico, il destino del Regno Unito è già segnato.
In conclusione, gli effetti della Brexit ci sono e con il passare del tempo e con l’inizio della procedura di uscita si faranno sentire sempre di più. Il termine ultimo imposto dal Primo ministro britannico May del 25 marzo 2017 non è una data a caso: proprio in quel giorno ricorrerà il 60° anniversario dei Trattati di Roma che hanno dato vita alla Comunità Economica Europea. In quel giorno, il Movimento Federalista Europeo sarà in piazza a Roma per affermare che esiste un popolo europeo che, a differenza di quello inglese, vuole un’Europa più unita e più forte, che non si piega ai nazionalismi. E per farlo serve l’unità politica, serve la Federazione Europea.