GIULIANO AMATO, Rinascita, 19 luglio, 2002
"...gli europei sono inesorabilmente malati di statalismo ... se chiamiamo Stato la Svizzera, gli Stati Uniti o l'Australia, allora usiamo una nozione molto generica, che non è necessariamente fondata ... non è necessario né possibile evocare uno Stato all'europea. Non è necessario, se si pensa (ma è solo un esempio) che quello che vorremmo lo avevano già gli Stati Uniti quando erano ancora una Confederazione (già allora il potere di fare trattati, quello di fare la guerra, quello stesso di aprire ambasciate era nelle mani del Congresso comune). Non è possibile perché a questo punto della nostra storia noi riteniamo tratto indefettibile della democrazia europea quello di riconoscere a ciascuno dei nostri popoli la sua identità, alla quale ben si può aggiungere una identità europea, ma non per fare da melting pot di quelle nazionali..."
GIULIANO URBANI, La Stampa, 14 agosto 2002
"...su tutte le grandi questioni dell'agenda europea, il pallino è già nelle mani dei Governi. Vale per la Convenzione, come per lallargamento: a decidere alla fine saranno i Governi nazionali... Parliamoci chiaro: lidea che l'allargamento dellUnione e l'ampliamento dei poteri delle istituzioni comunitarie potessero andare di pari passo è un mito irresponsabile. Già adesso, con 15 paesi membri, il funzionamento di questi organismi è complesso, quando saranno 25 o più diventerà un rompicapo. Quindi è proprio il processo di allargamento che fa del rafforzamento del Consiglio e della Presidenza di turno un tema ineludibile. Serve un'Europa che prenda meno decisioni comuni e le affidi ai rapporti diretti tra governi nazionali."
GIANFRANCO FINI, Il Corriere della Sera, 24 maggio, 2002
" gli Stati devono restare i titolari della sovranità, mentre allEuropa devono spettare soltanto competenze revocabili, mai poteri sovrani, perché altrimenti riprodurremmo su scala europea il modello dello Stato nazionale ... anche in politica estera quella europea deve essere una competenza e non un potere sovrano e per gli Stati che, in questo settore, non condividono le scelte comuni deve essere possibile starne fuori "