Europa

Dieselgate ha messo in luce quanto sia paradossale il forte legame tra governi e grandi industrie nazionali in un contesto di forte interdipendenza economica. Per l’Europa questo è il momento di interrogarsi sul futuro della propria politica ambientale ed industriale.

i Presidenti dei Parlamenti italiano, francese, tedesco e del Lussemburgo, che detiene la Presidenza del Consiglio dell’UE, hanno firmato, con una solenne cerimonia a Roma, una dichiarazione dal titolo “Più integrazione europea: la strada da percorrere”.

“No a un’Unione europea dei muri”. Sono le parole di Jean-Claude Juncker in un recente intervento sul giornale Die Welt. Ma quali sono le cause che lo hanno spinto a fare questa dichiarazione, dopo 26 anni dalla caduta del muro di Berlino?

Il Rapporto “Completare l'unione economica e monetaria dell'Europa”, redatto di presidenti delle cinque principali istituzioni europee manca di coraggio, forza ed ambizione, come ha ben evidenziato il Gruppo Spinelli.

L’integrazione in ambito militare può avanzare solo se i paesi che più sono andati avanti nel processo di integrazione europea affrontano la delicata questione della cessione di sovranità e della ripartizione dei poteri tra le istituzioni nazionali e quelle europee.

Occorre evitare di accettare le richieste di Londra perché non fermerebbero il movimento separatista britannico e comporterebbero un inaccettabile rallentamento del già debole processo di integrazione dell'eurozona e dell'Unione Europea.

La nota redatta da Jean-Claude Juncker in collaborazione con gli altri presidenti dell’UE (Donald Tusk, Jeroen Dijsselbloem e Mario Draghi) ha rilanciato il dibattito sull'integrazione dell'area euro.

Il vero nodo politico del Quantitative Easing sta nell'impossibilità di governare la politica europea, di fare in modo che la politica fiscale europea non sia la sommatoria delle politiche fiscali degli Stati membri ma diventi una questione davvero europea.

Il Piano Juncker è solo un punto di partenza per rilanciare la crescita. Per l’Eurozona è necessario avviare un percorso di approfondimento dell’unione monetaria ed economica volta ad una condivisione delle politiche fiscali e ad una cessione di sovranità.

L'8 marzo, dopo alcuni giorni di calma apparente, la coalizione di governo di Alexis Tsipras è tornata a far parlare di sé. Ci ha pensato Iannis Varoufakis con un'intervista al Corriere della Sera, poi smentita dall'ufficio stampa del governo greco, nel quale sembrava che Varoufakis chiedesse un referendum sulla permanenza del paese nell'Eurozona, qualora non fosse stato accettato il piano di risanamento presentato dalla Grecia all'ECOFIN. Nella rettifica si specificava che in realtà Varoufakis intendeva un referendum sulle misure di austerità, senza specificare altro, ma escludendo categoricamente l'uscita dall'euro.

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